Critica

«Le pitture di Massimiliana Bettiol vibrano di continuo movimento perché l’attimo viene colto nel suo essere simbolico, ma non è trattenuto, prosegue nel suo eterno succedersi. Ecco che i soggetti, le cose, le figure vivono di luce propria, vogliono esprimere la propria essenza in continua rinascita. Una pittura che nel movimento vede la rigenerazione continua, una sempre rinnovata spiritualità, e nell’accendersi dei colori un’esigenza cosmica di unire tutto ad un fine superiore ». Sara Melchiori

Massimiliana Bettiol, Armonia (olio su tela 66x90 2015)
Armonia (olio su tela 66×90 2015)

«Emozione naturalistica come sentimento di vita. Scavo introspettivo, rifiuto delle banalità espressive e l’insistito intervento di un coagulo cromatico avvampante e liricizzante insieme, sembrano essere le strutture portanti della pittura decisamente espressionista e pregna di umori e di spessi nuclei di memoria di Massimiliana Bettiol. La ricchezza della materia non annulla la forza intrinseca del segno che costruisce l’ordito fondamentale delle immagini sulla tela, quasi portandole in rilievo per rivivere pienamente e far durare in un tempo più dilatato l’emozione che una reminiscenza, un’occasionale percezione o una sofferta meditazione hanno suscitato in lei. I suoi quadri, le immagini in cui il colore si fa vivo e davvero perentorio, funzionale sempre – anche quando a prima vista suscita impressioni aspre che turbano sgradevolmente – a esigenze d’espressione che hanno il valore di una ricognizione profonda, di un’esplorazione dentro intime urgenze che richiedono un caldo, concitato rapporto con la realtà narrativa.
La tavolozza è immediata trascrizione di una forza emotiva compressa e debordante che trova nel fare pittorico la sua liberazione e, insieme, la sua verifica e la sua certificazione comunicativa: è una tavolozza ricca di accenti in cui predominano caldi colori, azzurri e verdi intensi, rossi e rosati vibranti di partecipazione emotiva e gestuale, esaltata anche dalla brillantezza degli impasti, sempre accesi, e dalla decisione del segno dal quale scaturiscono assorte e succosa le immagini. Solidità compositiva e forza cromatica si compenetrano a vicenda anche nell’esplosione più violenta dei dosaggi marcati e densi di forza materia, così che la composizione risulta percorsa da energie segrete che tendono fino allo spasimo le frantumazioni volumetriche e di ritmo grafico che sfaccettano in fantasmagorici caleidoscopi di colore i comuni oggetti delle sue nature e le vaste composizioni di figure e di nudi immersi in una festa panica.
Il corposo bagaglio culturale e psicologico di Massimiliana Bettiol rende palpitanti le occasioni di incontro emozionale con le persone, e le sue figure, prevalentemente di donne, ma anche i ritratti del figlio, del padre, di amici sono piuttosto proiezioni che riflessi di una ragione interiore, di un modo di vedere che attualizza l’immagine, superando l’arte come visione contemplata, e diventa memoria e passione nel loro più autentico modo di trovare espressioni commisurate al tempo storico, alla condizione emotiva presente e all’ambiente che evocano e in cui si sviluppano. Nei nudi, nelle feste bacchiche, nei sorprendenti ritratti che nella crudezza cromatica svegliano acute percezioni di comprensione psicologica, la pittura di Massimiliana Bettiol è tutta orientata verso soluzioni cromatiche capaci di creare atmosfere palpitanti che finiscono per trasfigurare la realtà, mai però vista in senso soggettivo, e invece riportata ogni volta nell’ambito di sollecitazioni emotive e sentimentali, costituendo spesso, dove più il segno si stempera nella materia, godibili e anche eccitanti sinfonie cromatiche che talora esplodono e avvampano in ardite soluzioni di contrappunto». Giorgio Segato (1984)

Massimiliana Bettiol, La grande onda (olio su tela, 50×70, 2014)
La grande onda (olio su tela, 50×70, 2014)

«Massimiliana Bettiol è sinonimo (per lo meno in pittura) di vitalità, di forza, di energia prorompente. C’è innanzitutto il colore, sempre a tonalità forti e decise, che costruisce un insieme croccante, quasi un urto di sensibilità del fruitore. Un colore che non media le sensazioni, ma le carica invece di un’emotività travolgente, che non ammette resistenze dilagando sicura della propria pienezza e tonalità. E poi c’è il movimento: niente è fermo, niente è statico nelle opere di Massimiliana Bettiol: cielo e terra sono coinvolti in un unico turbine, uno sconvolgimento totale al di fuori di ogni equilibrio possibile. Ma quel turbine non ha niente di distruttivo: anzi, sembra di assistere al momento della creazione, al formarsi ed al fiorire della vita, all’esaltazione della bellezza del concreto nel momento più alto di generoso rigoglio. Anche se il cielo si tinge a volte di tinte fosche, si sente che pur nella minaccia quella forza è vitale: quelle tinte addirittura sembrano aggiungere vigore a vigore. E’ una natura stupenda, quella di Massimiliana Bettiol. Una Natura che si impone per la sua grandiosità: è grandiosa la spiga, è grandioso il fiore, è grandiosa la foglia. E l’insieme è grandioso perché formato appunto distante, innumerevoli, piccole cose grandiose. E in queste piccole cose si respira l’insondabile, anche grazie ai larghi gesti costruiti nell’onda senza confini del movimento. Lo stesso impeto è presente nella serie dei cavalli. Un discorso diverso deve essere fatto per l’arte sacra. Qui la pittura si fa più pacata, più meditativa. La pittrice sembra essere quasi intimidita dalla sacralità dei personaggi e allora frena il suo impulso creativo e si con centra sul significato allegorico che sempre nell’arte sacra le figure portano con sé. Le tonalità sono meno sgargianti e i timbri sommessi contribuiscono a dare significato mistico all’insieme. Anche in queste opere però si indovina il carattere forte dell’autrice: le fisionomie sono perfettamente definite, i contrasti cromatici sempre netti. E queste caratteristiche finiscono per favorire la lettura dell’opera»  Umberto Marinello (11 febbraio 2000)

«Cara Massimiliana,
ti ho avuta con me, all’Accademia di pittura di Padova per qualche anno, e posso dirti sinceramente, che colleghi ed allievi avvertono ancora la tua presenza poiché il tuo cavalletto è ancora là, dove l’hai lasciato mesi or sono, accanto al lettino di posa della modella, e nessuno ha pensato di spostarlo, certi di vederti, da un momento all’altro, ritornare … Ci eravamo abituati ormai alla tua presenza costante, assidua. Oggi, che le tue apparizioni alla scuola sono divenute rare e frettolose, sentiamo di aver perduto qualcosa. Non il tuo sentimento d’amicizia certo, ma il tuo bisogno di restare tra noi che si identificava  con quello di sentirci con te, poiché se qualcosa la scuola ti ha dato, molta ad essa tu hai saputo donare con il tuo entusiasmo d’artista, mai sazio di colore e capace di coinvolgerci al punto di divenire necessario stimolo al nostro operare.
Se ora ti scrivo, è perché ho saputo che, dopo i successi riportati in varie città, stai presentandoti con una «Personale» qui, a Padova. Questo mi ha fatto veramente piacere e mi auguro che tu possa avere, nella tua città, le soddisfazioni che il tuo lavoro tanto merita.
Rivedrò ancora le tue grandi tele dove il tuo bisogno di calore umano si riflette negli occhi sempre tristi dei tuoi personaggi? E la tua sete di evasione dal cemento delle metropoli è ancora da te significata con quei tuoi paesaggi incantati, dove la vegetazione rigogliosa, incontaminata, invade ogni angolo dei tuoi quadri?
Un giorno ebbi l’occasione di scrivere sulla tua attività artistica, quanto segue: «… Una pittrice in pieno fermento creativo, innamorata dei “fauves”. Una pittura estemporanea con un pizzico di esotismo, realizzata con una carica espressionistica esuberante. La tela è quasi aggredita da pennellate senza ripensamenti spinte da un bisogno di libertà e da una carica psicologica evidentissima. Un temperamento d’artista con sorprendenti doti molte delle quali ancora da scoprire». Oggi so che molti critici, tra i quali alcuni dai nomi prestigiosi, hanno recensito le tue opere. Oggi, se dovessi scrivere ancora sulla tua pittura, poco potrei aggiungere a quanto su di essa è stato sinora detto. Ci sono coloro i quali hanno visto nei tuoi quadri i colori di Matisse, il mondi di Gauguin, la zampata di Guttuso, la kierkegaardiana angoscia esistenziale dell’espressionismo tedesco … Ora, io, davanti ai tuoi fiori dai colori smaglianti, alle tue donne dalla pelle iridescente, ai tuoi cieli d’un azzurro inventato  ed il tuo mare di un bleu più sognato che visto, non saprei che socchiudere gli occhi. Ti vedrei allora come spesso ti immagino: il pennello nella tua mano trasformato in magica bacchetta, scandire il tempo di quelle “note” fatte di mille colori che compongono le tue tele, poiché per me, i tuoi quadri, sono, ora più che mai, soprattutto “musica”… Ed è una musica che mi rapisce e sa portarmi, con le sue volute dissonanze, come in un sogno alla gran de arte di Strauss…, Bach…, Debussj …
Buon lavoro Massimiliana, e buona fortuna!» Mariano Missaglia

«… Massimiliana Bettiol spinge l’attenzione, in concretezza materica e in solido impianto compositivo, alla figura umana che restituisce con intensa sensibilità espressionistica…. “Massimiliana Bettiol, giovane pittrice padovana che si impone in questa sua prima “personale” con un a personalità figurativa già molto delineata e con un linguaggio espressivo fondamentalmente consapevole. Alla solidità della struttura compositiva di formazione classica e alla ricca tavolozza cromatica che si stempera in ampie stesure timbriche, in pennellate compatte e densamente materiche, l’artista sa connettere accensioni luministiche dinamicamente drammatiche, sino a portare in evidenza tensioni emozionali e cariche psicoenergetiche di piena incidenza espressionistica……
Massimiliana Bettiol si esprime prevalentemente nell’immanenza plastica dei volti e delle figure umane e si rivela con particolare sensibilità rappresentativa nella penetrazione psicologica del ritratto. Parimenti apprezzabili sono tuttavia le prove di ispirazione naturalistica, come le nature morte o composizioni floreali. Una ricca scelta di disegni e schizzi a china o a matita che corredano la mostra risulta utile al visitatore che voglia rintracciare il germe ideativi o voglia intuire gli essenziali fermenti strutturali e coloristici della densa materia figurativa dei dipinti di Massimiliana Bettiol»

«Una personalità figurativa già molto delineata con un linguaggio espressivo fondamentalmente consapevole. Alla solidità della struttura compositiva di formazione classica e alla ricca tavolozza cromatica che si stempera in ampie stesure timbriche, in pennellate compatte e densamente materiche l’artista sa connettere accensioni luministiche dinamicamente drammatiche, sino a portare in evidenza tensioni emozionali e cariche psicoenergetiche di piena incidenza espressionistica

Massimiliana Bettiol si esprime prevalentemente nell’immanenza plastica dei volti e delle figure umane e si rivela con particolare sensibilità rappresentativa nella penetrazione psicologica del ritratto. Parimenti apprezzabili sono tuttavia le prove d’ispirazione naturalistica, come le nature morte o composizioni floreali». Sandro Marini

… dei colori semplici possono avere sui sentimenti un effetto tanto più forte quanto più sono semplici. Un blu, per esempio, intensificato da un suo colore complementare ha sul sentimento l’effetto di un energico “gong”. Lo stesso vale anche per il giallo e per il rosso e l’artista deve essere capace di portarli alla sonorità di cui ha bisogno» Henri Matisse

Massimiliana Bettiol ….. non si è lasciata sedurre dalle estetiche imperanti, né dai facili ed irritanti «kitsch» modali. Il suo intento non mira a «épater le bourgeois», utilizzando materiali eterocliti, estranei alla pittura, ma semmai è quello di rendere l’osservatore più partecipe possibile del suo mondo creativo. Di conseguenza, nel suo lavoro, privilegia il colore ad olio (che è poi tra i più difficili a trattarsi), perché neppure l’acrilico la soddisfa….. Il suo linguaggio anche se non si è ancora del tutto affrancato da certe suggestioni di Cézanne di Gauguin e dello stesso Guttuso, si è concretizzato nelle opere più recenti in corpose immagini, dove la libertà nell’uso del colore e la semplificazione lineare integrandosi vicendevolmente sono ricondotte alla loro giusta declinazione formale, senza aggettivazioni superflue e traslati squillanti. La pittrice non è un’idealista e neppure una simbolista, quindi raramente cede all’abbandono e alla interpretazione smagata della realtà e rifiuta decisamente il ricorso all’effetto ed all’interenimento romantico. Grazie poi al suo istinto, ubbidisce ad una sola legge: a quella del colore, che ha in sé la forza (per non dire matissianamente la «sonorità») necessaria per determinare le forme al legittimo punto focale. Inoltre il colore le permette ardite accensioni e giochi di luci e di ombre. In tal modo, al di là di ogni problematica esistenziale la pittrice riesce ad instaurare un vivace colloquio con la realtà, svolgendo i suoi motivi dall’interno con emotività trepida e segreta e con uno slancio giovanile che giustifica, a volte, qualche esuberanza di dire. Lo scatto impressionistico e il suo estro impetuoso conferiscono ai suoi dipinti spontaneità ed immediatezza e si organizzano con intensità espressiva nella struttura formale, stabilendo, con abbreviazioni intelligenti, un saldo rapporto fra momento psicologico e momento rappresentativo.
La tematica della Bettiol è tutta concentrata sulla figura umana, prevalentemente femminile. Gli altri soggetti: natura morta, fiori, frutta o squarci di paesaggio, quando vi appaiono, sono sempre in funzione esornativa, ma non per questo sono trascurati, anzi spesse volte sono situati con gusto in correlazione con l’atteggiamento e l’espressione della «figura».
Le sue «donne» evidenziano abbastanza scopertamente il loro carattere, ora pervase da un senso di contenuta malinconia, ora vibranti di passionalità. Sono donne sensuali ed altere che sembrano vivere per un superiore possesso di vita e di amore, nell’onda della loro femminilità, ora tenera, dolente, ora estetica ed ebbra della stessa solitudine.  Si osservino in proposito, le tele come la «Donna sdraiata con frutta», la «Donna in verde», «Il disincanto», la grande «Composizione di tre figure», «Figura assorta» o quel suo plastico e palpitante «Nudo di donna A6»: Qui, attraverso queste sue figure, la pittrice ci fa sentire la calda presenza della sua umanità e l’intima comunione dialettica dei suoi impulsi, dei suoi stimoli sensitivi e la scopriamo di volta in volta disadorna ma sincera, esuberante, ma ansiosa, sgargiante qualche volta, ma sempre umile, dimessa. Nelle sue ampie definizioni di volumi e di spazi e nei contrasti di colore, «la sua tavolozza è essenzialmente di natura “fauve”; i suoi fiammeggianti rossi, i suoi gialli raggianti, i suoi verdi teneri, sono trasferiti su tela con pennellate ferme, senza pentimento o indugi tonali; essi si dispiegano con scansioni decise e forti, promuovendo richiami tattili e visivi e vigorose tensioni che sembrano vibrare sottilmente nel loro ritmo largo e vitale. Di temperamento schietto e poco incline a innestare nel suo contesto certe leziosità e certi languori di tanta pittura femminile, Massimiliana Bettiol si rivela una pittrice istintiva, già provvista di sapienza compositiva e di un suo segno incisivo, utile anche per castigare la ricchezza sensuale del suo mondo pittorico…».

«Nelle sue ampie definizioni di volumi e di spazi e nei contrasti di colore, la sua tavolozza è essenzialmente di natura “fauve”; i suoi fiammeggianti rossi, i suoi gialli raggianti, i suoi verdi teneri, sono trasferiti sulla tela con pennellate ferme, senza pentimento o indugi tonali; essi si dispiegano con scansioni decise e forti, promuovendo richiami tattili e visivi e vigorose tensioni che sembrano vibrare sottilmente nel loro ritmo largo e vitale. Di temperamento schietto e poco incline a innestare nel suo contesto certe leziosità e certi languori di tanta pittura femminile, Massimiliana Bettiol si rivela una pittrice istintiva, già provvista di sapienza compositiva e di un  suo segno incisivo, utile anche per castigare la ricchezza sensuale del suo mondo pittorico…». Mario Gorini

«Irruente, vitalissima, ricca di umori, racconta le sue emozioni con una carica di radice impressionista imbevuta però dal ritmo esasperato dell’espressionismo mitteleuropeo che Massimiliana Bettiol si porta dentro per cultura e origini. I temi, i soggetti (è la donna che spadroneggia aggressiva, talvolta sfrontata ma con  lo sguardo inciso da un’amarezza antica), costituiscono un alibi per uno sfogo cromatico di intensità esplosiva, nel desiderio di violentare gli spigoli del reale. L’accensione dei fauves si sposa al dolce ubriacante paradiso coloristico di isole lontane; è facile (e troppo comodo) risalire a Gauguin, lasciarsi travolgere da contrasti tonali senza confini perché sconvolti dall’ebbrezza della libertà. Lo spunto emotivo può sbocciare da un nudo blu, dai paesaggi collinari stimolati da lunghi soggiorni africani che fanno impazzire perfino i morbidi verdi gradiscani. Il segno è graffiante, rabbioso quasi, nell’impeto di sfogare impulsi primordiali che rispettano soltanto la felicità della natura e della poesia. Ecco il segreto di questa pittura sorridente ma mai gratuita o frivola: lo spessore emotivo diventa quasi palpabile; la sensazione raggiunge toni di elevata intensità, una vibrazione acutissima …».Roberto Joos

«La personalità di Massimiliana Bettiol si definisce ben precisa in queste sue ultime opere, svolte senza contraddizioni e senza fratture. La sua visione si concreta nella presa di possesso dell’immagine rivolta ad una singolare figuratività, esperienza emozionale nella forte «accentuazione cromatica» nel «segno ampio» delle sue rappresentazioni nella piena campitura della tela. Sono rappresentazioni scrutate e fissate in un meditato espressionismo che si fa linguaggio nel legamento visione–materia: visione oggettiva espressa nell’approfondimento del mezzo coloristico, vivo, orgiastico, nella particolare aderenza–colloquio intuitivi nel pieno dominio della tecnica difficile ed insidiosa.
L’atmosfera dell’opera di Massimiliana Bettiol nella creatività della forma ritmata, nella realizzazione acuta dei sentimenti, è sempre coerente nelle stesure significanti nel «giusto» individuale vocabolo, accentuato dalla squillante sintonia dei colori puri – gioco pittorico non fine a se stesso ma rispondente, con  il forte contributo di una volontà rivolta a costruire il suo universo, alla urgenza di dare libertà alle vibrazioni di ciò che le risuona dentro.
…… possiede una chiara forza e guardando le sue opere viene facile capire la padronanza del mezzo in quella sua «felicità coloristica che fa intravedere la «felicità» di fare pittura». Cornelia Mora Taboga

«Nei quadri della Bettiol ciò che colpisce è il modo tutto virile di intendere la pittura. Quelle sue «donne» infatti, costruite con solide pennellate, intelligentemente mantenute tutte sul filo di una emotività controllata; quei giardini, quei fiori e quella natura che fa da sfondo e che interessa all’artista come massa di colore da ritmare, da calibrare e da giustapporre più che come ornamento, sono l’espressione di una sensibilità priva di leziosaggine, di abbandoni lirici, di estetismo, di una sensibilità, insomma, che si vorrebbe eminentemente femminile. Basterà osservare ancora i volti di questi personaggi: cupi, pensosi, come se queste donne vagassero nude ed innocenti nel giardino dell’Eden e sentissero questo più come un esilio che come un privilegio. A Massimiliana Bettiol interessa più il dramma che l’estetismo, più l’interiorità che l’ornamento bello. Una visione forte, la sua, e solo apparentemente emotiva della realtà, costruita con una sapienza tecnica posseduta già in modo maturo e filtrata da una cultura profonda che richiama, a volte, certi aspetti dell’espressionismo, ma reso come più morbido e meno cerebrale da una sensibilità tutta latina e mediterranea per i colori e le forme». Daniela De Gregorio

«La pittura di Massimiliana Bettiol esprime una forte appassionata personalità che fa vivere e convivere elementi propri di un raziocinio formale, con altri in cui il dirsi dei colori e con le forme assume ritmi di irruente crescendo. Ogni sua opera ha in sé quelle magiche atmosfere di sogni e di desideri, che ti ricordano favole esotiche, foreste tropicali e spazi tipici del sud America (probabili reminiscenze di viaggi e fantasie d’infanzia). Il tratto forte delle sue figure e la ricchezza dei volumi che le animano, indicano una tensione verso ideali che consistono in una realtà che trova la possibilità di esser realizzata anche se forti sono le sensazioni malinconiche che esse esprimono e se gli occhi dei suoi ritratti sono ad interrogare chi li guarda circa la condizione del dolore e dell’insoddisfazione per quanto l’esistenza offre di insoluto e di contraddittorio. La pittura pertanto di Massimiliana Bettiol ha le caratteristiche di una vissuta testimonianza interiore che si muove fra i poli di certezze e di inquietudini intense…». Fiorenzo Viscidi

«Non si può negare che i dipinti di Massimiliana Bettiol provochino, ad un primo impatto, un’impressione di forza, violenza quasi. I bleu, i rossi, i viola ed i gialli con i verdi, accostati secondo un gusto per il quale è fin troppo facile parlar d’espressionismo, di fauve, impalcano una forma sempre tesa, aggressiva. E tanto più questa carica espressionistica delle figure femminili, della natura lussureggiante – non riesco a togliermi di dosso certi gialli limone toccati di verde – si amplifica, quanto si conosce Massimiliana come persona e soprattutto come donna. Non avrei mai pensato infatti che il senso di serenità e calma che dominano la sua personalità – chi ha Massimiliana per amica può ben comprenderlo – possa pittoricamente trasformarsi in tensione e vigore, carica vitale ed espressionismo. Il suo è un colore infatti, ed un disegno, che non si può giustificare con una cultura figurativa in qualche modo derivata dai soggiorni tedeschi: quest’espressionismo è infatti un dato esistenziale, non di cultura. L’aggressività dolce ma forte, la presenza fisica, la calda carnalità dei suoi nudi – e non dimentichiamoci delle nature morte fino a qualche tempo fa in primo piano nei suoi interessi pittorici – non possono derivare che da un’intima, anche sofferta, considerazione e partecipazione dell’essere, oggi, donna; unita ad una dimensione mediterranea, meridionale del proprio essere. Il rapporto donna-natura è colto in una dimensione essenziale ed esistenziale intimamente sentita, che in  ultima analisi giustifica anche il senso di sospensione, di mistero, di alto silenzio emanante dalle sue composizioni: la loro storia si risolve nel loro essere donna, essere cioè natura e colore, calore e sole. Al d ilà quindi di una facilità e felicità di segno–colore, la pittura di Massimiliana Bettiol propone un sincero e vissuto esperire la realtà femminile contemporanea, al di sopra di quella congerie di superfetazioni, sociali e culturali, che sembrano, più che liberare, soffocare ogni immagine femminile. Il tramite è, s’è detto, il colore. Un colore inteso anch’esso nella sua struttura corporea, sensuale quasi: son grumi, masse, concrezioni e strisciate di materia che sembra superare il limite stesso della bidimensionalità pittorica, per toccare la dimensione materica, corporea della scultura. L’immagine è costruita attraverso un’iniziale progetto grafico, che prevede la tradizionale preparazione intonata della tela sulla quale viene impostato il disegno: poche tracce, date velocemente dopo però un precedente, lungo e continuo verificare attraverso il disegno, l’abbozzo, lo studio. Poi, si sovrappone a questa traccia la stesura pittorica. Ed è questo il momento più importante, in cui Massimiliana riesce a realizzarsi pienamente sia come pittrice che come donna. Una materia fusa e colata, mossa e tormentata si viene a stratificare sull’impianto predisposto: con un’urgenza espressiva insospettabile ed una tensione creativa che giunge anche alla stesura del croma con le dita: procedimento che ultimamente va sempre più usato da Massimiliana, anche perché la sua pittura sembra essersi incanalata verso un’accentuazione della estensione coloristica e segnica, attraverso colori ancor più carichi e dissonanti, e tratti più nervosi e tormentati. Ne risulta un nudo femminile sempre meno facile e immediato: la struttura geometrica quasi sembra scattare da forti segni di contorno, realizzati con accostamenti antinaturalistici di colori virulenti, con ombre colorate, con chiaroscuri violenti. Un’urgenza espressiva che ben documenta, mi sembra, un momento della sua storia di donna-artista che sta vivendo intensamente il momento storico attuale…».Pier Luigi Fantelli

«La caratteristica prima del modulo espressionistico di Massimiliana Bettiol è affidata al soggetto che include e materializza l’accertamento di realtà e di identità tra l’essere e il rappresentare e fa coincidere la struttura della manifestazione estetica con il superamento delle esigenze proprie della sua figurazione. L’acutezza del taglio interpretativo ha per fine una composta esibizione da apprezzare con gli occhi e con la mente. Le figure di ragazze e di giovani donne, sole o in gruppo, sono trasferite sulla tela in aspetti caratteristici, in sensibili impaginazioni raggiunte in un forte plasticismo e nell’accentuazione cromatica di percezioni contemporanee. Il segno marcato le carica di intime tensioni, mentre le larghe stesure denunciano una preferenza di sintesi, convalidata dalle positure che le affrancano nel definire la situazione tra il riscontro oggettivo e la ricostruzione simbolica. Il colore, spesso con derivazioni ed assonanze, si addossa la nervosità strutturale nei riguardi della forma. Questa predispone, poi, al contenuto legato alla dimensione fisica. L’uso attento e intenso della materia trasferisce la visione in grandi orizzonti interiori, pur mantenendo intatte le tre unità fondamentali di spazio, luogo e tempo. Il criterio d’inserire le figure in spazi coperti da piante e fiori o da brevi paesaggi, non costituisce un espediente d’effetto né di ripiego, ma rappresenta il rovesciamento dell’accadere e il diffuso calor di vita. Il suo mondo figurativo sembra allora designarsi come esempio incondizionato, rapportato ad intrinseche acquisizioni esistenziali che indirizzano la sua indagine artistica. Raccogliendo tutto dalla vita e dalla concretezza, con i vari conflitti e incoerenze, riesce ad «ex–primere», cioè a tirar fuori, l’essenza dell’esistere, per parteciparla in corrispondenze pittoriche. Perciò le immagini sovrastano e invadono lo spazio, al quale gli attributi diretti e indiretti non danno rilievo né autonomia, essendo elaborato a loro misura e nelle immagini stesse e per esse meditato. La pennellata aggressiva, spezzata o scandita dallo spessore del colore e la raggrumata temporalità catturano i tratti di sostegno di questi corpi seduti o sdraiati, comunque incombenti, Nell’impatto con le tensioni diverse, il tema, apparentemente uguale, assume cadenze che travalicano ogni ricorso e tolgono al modello quanto potrebbe assumere di descrittivo e di suggestivo. L’attualità del discorso pittorico di Massimiliana Bettiol sussiste, quindi, nei nessi di una ben definita area culturale che precisa, di quadro in quadro, la struttura del suo racconto e il rapporto di questo con gli altri. Rapporto rispettato nell’atteggiarsi dei volti, negli accenni dei corpi, nelle poche sovrapposizioni delle vesti, anche se tali determinazioni di elementi fanno tutt’uno coi corpi e ne accrescono il pulsare e le impercettibili rispondenze. E alla fine il modellato si conclude in una prevalente verticalità, ove il piano di taglio si fissa proprio nel punto di contrazione, sottraendosi al logorio esistenziale».

«L’interessante intreccio di allusioni, di significati culturali e calori formali, che definiva il precedente ciclo pittorico di Massimiliana Bettiol, viene, ora, ripreso, ed esposto in maniera più essenziale in questi ultimi dipinti. Permangono identificabili le considerazioni metriche e strutturali fondamentali e l’esuberanza del cromatismo, come misura dell’esatta  osservazione e legge dei valori, mentre si fanno più evidenti l’intuizione pronta ed acuta, e la convenienza poetica di esprimere il sentimento come natura, di controllarlo come oggetto, complesso di aspetti e di elementi, gioco di tinte giustapposte eppure comunicanti intimamente e suggerenti la soluzione della loro problematicità. Intuizioni ed immagini, quindi, dall’inequivocabile freschezza e, nel contempo, caratterizzate da una certa aggressività di tinte che copre la totalità delle presenze, nell’inalterata disponibilità ad un’esplorazione ambientale, che diviene, in fondo, esplorazione linguistica capace di mettere a fuoco l’evento nel gesto e nella manipolazione segnica. E’ attraverso le successioni formali, infatti, che vengono selezionati gli accordi, i segni, i momenti compositivi, considerandone il grado di partecipazione e presentandoli (lasciando che si mostrino) nella giustezza dei toni, nella disposizione dei piani, nei tratti e nelle fasce che si stagliano sul fondo e riempiono la tela in trasposizioni semplici e sincere della realtà» Giulio Gasparotti

«Che cosa attendono le donne di Massimiliana Bettiol? Difficile dire. Probabilmente, anzi, è sbagliato cercare di guardare dentro l’arcano della condizione femminile vissuta e rappresentata da una donna-artista. Di più: il senso di aspettativa e il mistero che questi quadri emanano forse sono tali anche per la stessa pittrice, la quale pare essersi scelta l’ardua vocazione di dare forme e colori ai propri sogni… L’impressione, così, è che la mano tenti non di raccontare vicende, né di scrivere messaggi; né, tantomeno, di tracciare una visione del mondo; ma di fissare sulla tela momenti enigmatici, colti nella fluidità del loro divenire. Per avventurarsi in simili operazioni necessita, insieme a una sensibilità pronta, un non comune coraggio (la prudenza sconsiglia di lasciarsi andare a intuizioni che possono rivelarsi scomode e inquietanti). E occorre una sincerità a tutta prova (è facile barare quando l’attimo intravisto può rivelarsi irrequieto e magari angoscioso). Qualità di cui Massimiliana Bettiol sembra essere dotata copiosamente. Lo prova, ad esempio, l’ardita tranquillità negli accostamenti delle tinte che, nel loro anti-naturalismo, più che a ricerche di effetti cromatici corrispondono a libere e disinibite estrinsecazioni di sentimenti. Ciò non significa, ovviamente, che queste opere siano inficiate da casualità o gratuità. I sogni – come l’intelligenza umana sa da ben prima di Freud – costituiscono tutt’altro che sospensioni dalla realtà o sue interruzioni. E possiedono una loro strana verità in qualche modo indecifrabile ma razionale, variegata ma organizzata, complessa ma coerente. Si vedano le tormentate composizioni con diverse figure e in particolare lo scopertamente onirico «Modulazioni», dove la liquidità dei segni imprime alla struttura un musicale andamento ondulare».Paolo Vigato

«La prima sensazione è di aggressione a mano armata. Di pennello, s’intende. Il colore urla; ci si sente dovunque assediati e aggrediti da queste forme vegetali che, come un intrico amazzonico, pullulano e pulsano, lievitano, s’intrecciano, si sovrappongono, generano altre forme dotate di vita prepotente. In formule e modi diversi la composizione è, del resto, sempre uguale a se stessa: uno sfondo lussureggiante dove tronchi, rami, fogliame, fiori, tessono un arazzo vegetale, accogliente corpi di donne, rari fiori selvaggi o roventi prodotti di serra. Che queste forme umane siano esse stesse parte della vegetazione, appare chiaro dall’uso abbondante dei verdi, dei gialli, dei viola che ombreggiano i profondi incavi del corpo, che plasmano, mordono le carni con rara violenza. Sì – Gauguin, sì – i Fauves, sì – l’Espressionismo. Va bene, vi è un ricordo di tutto questo, ma soprattutto è un potente respiro, ansito, della natura meridionale, tropicale. Una natura di cui la donna, protagonista assoluta, è totalmente parte; la donna, sia essa selvatica, come in alcuni dipinti in cui l’espressione degli occhi è quella di bestia braccata o di animale pronto all’attacco, o molle odalisca sdraiata, dagli occhi ambigui, diviene paesaggio, si scioglie, è assorbita, inghiottita dalla vegetazione. Come quelle misteriose citta maya, inquietanti circuiti dell’anima, inghiottite dalla foresta». Francesca Diano

«Massimiliana Bettiol, pur nel naturale evolversi delle esperienze tecniche e culturali della sua pittura, tiene ferma tuttavia la motivazione iniziale: dipingere per il piacere che le determina questo atto espressivo, indipendentemente da altre finalità e programmi. Un’espressione di carattere istintivo, con minime mediazioni intenzionali di scuola, di metodo, di riferimenti storico-artistici, nella quale da una parte si libera ed affiora quanto di indeterminato e potenziale inquietali suo in conscio, dall’altra si decanta la pressione delle aspettative, difficoltà, varie esperienze che il vivere interpersonale comporta. Massimiliana muove infatti non da studi preliminari, ma da un rapido schizzo a carboncino sulla tela e dal successivo sovrapporsi di una base cromatica disposta a macchie casuali. E procede di getto impostando i «chiari», cioè la situazione luminosa, quindi gli «scuri», quindi le ulteriori determinazioni, nell’interagire di stimoli dallo status formale che man mano si fissa sulla tela, e risposte e scatti della sensibilità dell’artista. Medium fondamentale il colore ad olio, usato nelle sue possibilità di cromatismi sontuosi, attraverso cui la pittrice modella sinteticamente monumentali e plastici soggetti; modella in senso proprio, col dare il colore a corpo (talora direttamente col tubetto, o le dita, per un rapporto di maggiore immediatezza con la tela), e lasciare in evidenza il ductus a sottolineare, nel variarsi del suo andamento, lo scarto risentito dei piani. Sono quadri certo realistici, ma di un reale fortemente soggettivizzato dall’autrice, che struttura i segni non per una resa naturalistica e ottica, ma per come essa mutevolmente lo vive nella propria sensibilità fantastica e formale; da qui le intonazioni variate: ora in azzurro, ora in viola, o rosso, o verde, di soggetti figurativi simili, prevalentemente femminili. La donna infatti, per lo più singola, risulta la protagonista di questi quadri: disposta, in positure diagonali, sovente entro una lussureggiante natura, è però indagata così d’appresso da risultare «tagliata», ed incombere in modo inquietante sul piano d’affioramento; psicologicamente isolata dallo sfondo e dall’osservatore, rivela anche nella sottolineatura degli occhi assorti e lontani, solitudine e tensione interiore. Avendo la corposa, vibrata partitura cromatica ad ampie stesure esiti di sonora sinfonia, mai però di dissonanza, e la composizione ritmi ed assi equilibrati, se ne conclude che Massimiliana riesca a mediare una violenza espressiva dei singoli segni con l’istintiva compostezza dell’organizzazione strutturale, come accade del resto, a conoscerla, nella sua quotidiana esistenza, ove tensioni emotive, impulsi iconoclastici, ricerca del nuovo e del recondito, vengono alla fine arginati e composti da una vigilanza raziocinante e filosofica». Alessandro Bevilacqua

«… Il desiderio di svelare e di palesare conduce Massimiliana Bettiol alla figura umana, cui elle strappa la maschera delle finzioni, operando quel doloroso denudamento psichico che ci fa ricordare Kokoschka. Le opere svelano un’umanità dolente e inquieta, la quale solo illusoriamente si appaga dei miti. Di qui, sul piano operativo, gli apporti della cultura figurativa tradizionale sono avvertibili, più che come reminiscenze che impreziosiscono il suo discorso, come elementi funzionali di un tentativo di rilettura della forma classica in chiave di una moderna sensibilità…». M.G. Ortolani Bertolini

«Nella Bettiol vi è un‘ansia di narrare i colori non squillanti senza necessariamente essere sordi. Una pennellata a volte lunga e distesa altre volte interrotta e quasi preoccupata ed una luminosità interna che rimane nelle forme amate: volti, fiori, nature morte. Un discorso con possibilità di notevoli aperture anche a livello gotico” Enrico Buda

«La pittrice esibisce le sue composizioni, quasi tutte figura femminili, che vengono colte nella loro interiorità, come simbolo di tensione emotiva. Il disegno è particolarmente curato, a tratti nervoso, mentre il colore è sempre in assonanza col soggetto. Possiamo affermare che il colore stesso manifesta un’immediatezza di impeto espressivo, con  i suoi toni forti e vigorosi. L’inizio della sua attività risale a circa sette anni addietro, dopo una frequenza all’Accademia d’Arte di Saliburgo, e dopo essersi perfezionata alla Accademia d’Arte, diretta dal prof. Mariano Missaglia. La pittura di Massimiliana Bettiol si caratterizza per una intensa luminosità, che risalta nelle varie forme narrate: volti, fiori, nature morte». Alfonso Ughi

«I blu, i gialli, i verdi di Massimiliana Bettiol creano spazi e volumi che riferiscono un’esperienza basata sulle ricerche figurative più recenti, si propongono con un rinnovato fauvismo nella sfera di una tecnica ormai fortemente dominata. La Bettiol procede con un segno ampio, omologo al Gauguin dei quadri tahitiani, tentando persino una sorta di connubio con l’espressionismo le cui tracce si notano nell’impulso, nella forza del dipingere, nella foga, dirò meglio, nell’entusiasmo di raccogliere dalla tavolozza i succhi di un presente fatto di paesaggi assolati, di contrasti violenti, di figure in movimento, di emozioni in cui l’immaginario si trasforma in solida concretezza materia. Al punto che si ha l’impressione di toccare con mano tanta sensibilità esplodente in un’accensione lirica, diffusa e sofferta, dentro lo spazio di una tela». Francesco Dorigo

«Scavo introspettivo, rifiuto delle banalità espressive e l’insistito intervento di un coagulo cromatico avvampante e liricizzante insieme, sembrano essere le strutture portanti della pittura decisamente espressionista e pregna di umori e di spessi nuclei di memoria di Massimiliana Bettiol. La ricchezza della materia non annulla la forza intrinseca del segno che costruisce l’ordito fondamentale delle immagini sulla tela, quasi portandole in rilievo per rivivere pienamente e far durare in un tempo più dilatato l’emozione che una reminiscenza, un’occasionale percezione o una sofferta meditazione hanno suscitato in lei. I suoi quadri, le immagini in cui il colore si fa vivo e davvero perentorio, funzionale sempre – anche quando a prima vista suscita impressioni aspre che turbano sgradevolmente – a esigenze d’espressione che hanno il valore di una ricognizione profonda, di un’esplorazione dentro intime urgenze che richiedono un caldo, concitato rapporto con la realtà narrativa.

La tavolozza è immediata trascrizione di una forza emotiva compressa e debordante che trova nel fare pittorico la sua liberazione e, insieme, la sua verifica e la sua certificazione comunicativa: è una tavolozza ricca di accenti in cui predominano caldi colori, azzurri e verdi intensi, rossi e rosati vibranti di partecipazione emotiva e gestuale, esaltata anche dalla brillantezza degli impasti, sempre accesi, e dalla decisione del segno dal quale scaturiscono assorte e succosa le immagini. Solidità compositiva e forza cromatica si compenetrano a vicenda anche nell’esplosione più violenta dei dosaggi marcati e densi di forza materia, così che la composizione risulta percorsa da energie segrete che tendono fino allo spasimo le frantumazioni volumetriche e di ritmo grafico che sfaccettano in fantasmagorici caleidoscopi di colore i comuni oggetti delle sue nature e le vaste composizioni di figure e di nudi immersi in una festa panica.

Il corposo bagaglio culturale e psicologico di Massimiliana Bettiol rende palpitanti le occasioni di incontro emozionale con le persone, e le sue figure, prevalentemente di donne, ma anche i ritratti del figlio, del padre, di amici sono piuttosto proiezioni che riflessi di una ragione interiore, di un modo di vedere che attualizza l’immagine, superando l’arte come visione contemplata, e diventa memoria e passione nel loro più autentico modo di trovare espressioni commisurate al tempo storico, alla condizione emotiva presente e all’ambiente che evocano e in cui si sviluppano. Nei nudi, nelle feste bacchiche, nei sorprendenti ritratti che nella crudezza cromatica svegliano acute percezioni di comprensione psicologica, la pittura di Massimiliana Bettiol è tutta orientata verso soluzioni cromatiche capaci di creare atmosfere palpitanti che finiscono per trasfigurare la realtà, mai però vista in senso soggettivo, e invece riportata ogni volta nell’ambito di sollecitazioni emotive e sentimentali, costituendo spesso, dove più il segno si stempera nella materia, godibili e anche eccitanti sinfonie cromatiche che talora esplodono e avvampano in ardite soluzioni di contrappunto». Giorgio Segato

«Massimiliana Bettiol ha una capacità rappresentativa che si puntualizza nelle forti personalità dei suoi soggetti, in quali colpiscono, tra l’altro, per gli occhi dilatati, spalancati, spranati, o socchiusi perché quasi abbagliati: occhi metafisici: cioè occhi grandi, occhi di meravigliata apertura, essendo la realtà grande e aperta. I personaggi della pittrice guardano l’essere con l’assetato desiderio di abbracciarlo tutto, e quasi d’un colpo, in una intuizione «panottica», che cerca il mistero, ma sa anche di poterlo svelare solo a poco a poco. Impazienza di vedere tutto, subito e pazienza di saper scoprire  parte dopo parte… Questo senso profondo della sua pittura è reso con un «ductus» pittorico consistente e solido e avvolto in un’esplosione di colori che riescono ad imporsi, penetrando nell’occhio dello spettatore per lanciarlo alla ricerca di un suo «essere» non ancora scoperto…». Domenico Coccopalmerio

«La pittrice padovana Massimiliana Bettiol si presenta con una sceltissima mostra di dipinti incentrati, in gran parte, sulla figura femminile, colta in una spontanea varietà di atteggiamenti e di espressioni. Non vi è alcun abbandono e tanto meno compiacimento estetico in questa rappresentazione della donna, quasi fosse per la Bettiol sempre se stessa, identificandosi emblematicamente in essa, con i propri pensieri e in determinati momenti della vita. Vi è invece, in queste figure, una forza espressiva e una carica vitale, che certamente appartengono alla pittrice  come temperamento, per cui esse sembrano quasi venirci incontro, con una spontanea naturalezza, nella realtà viva di un’ambientazione veristica, che può essere un intenso paesaggio o un’aperta marina, oppure un intimo e raccolto interno familiare. Questa realtà viva ci è resa dalla Bettiol con termini pittorici altrettanto vivi e convincenti, rappresentati da un disegno largo e pieno, in cui si riassumono forme e ritmi figurativi, e da un colore denso, vibrante sui toni rossi, gialli, verdi, azzurri che, nell’insieme, vanno componendo una intensa e forte  orchestrazione cromatica. L’impegno pittorico non cede mai a tenerezze di segno o a languori tonali ma, al contrario, sulla spinta di  una suggestione espressionistica, si tende sino ad assumere un impeto, alle volte persino aggressivo, attraverso il quale scaturisce, in tutta la sua forza esistenziale e umana, la figura della donna nella sua realtà naturale. La figura della pittrice Massimiliana Bettiol». Enotrio Mastrolonardo

«I suoi soggetti sono le figure umane: donne, nudi raramente collocati negli interni di abitazioni, più spesso raffigurati nel verde dell’aperto. La sommarietà formale con cui l’artista modella le immagini protagoniste dei suoi quadri trova maggior indice nel vigore dei colori dei dipinti in mostra: colori forti d’inclinazione espressionista, tali per l’intensità, per l’acutezza delle singole cromie: non solo, ma anche per gli spessori della materia con la quale Massimiliana Bettiol «veste» tanto le sue figure che i suoi «verdi», generalmente in vistose aree. Le tele sono di tutta lettura, per il linguaggio piano, comunicativo, per altro di polso delle stesure». Mario Portalupi

«In queste ulteriori prove della sua attività, Massimiliana Bettiol attesta una maturazione ed una consapevolezza più profonda nell’uso dei mezzi espressivi. La sua caratteristica dominante, che è l’uso sfacciato e sicuro del colore, si afferma ora con più forti motivazioni. È attraverso il colore che sono stati risolti i problemi della profondità e della tridimensionalità. Vale a dire che le forme affiorano qui, come alla superficie di uno stagno e dunque il problema della prospettiva viene del tutto eliminato, risolvendosi le profondità nel sollevamento verticale dei piani che proiettano così il loro contenuto quasi al di fuori della superficie fisica del quadro. Le forme si affastellano dunque su di un piano bidimensionale che, come solo spessore, ha quello emotivo e psicologico. Del resto, questo è l’aspetto più evidente, più feroce di questa pittura, che continua a ribollire prepotente nonostante la cornice tenti di arginarne la forza». Francesca Diano

«Nei quadri di Massimiliana Bettiol avverti d’istinto una presenza oscura e inquieta.
Le grandi figure sinuose e drammatiche vivono in un’atmosfera carica di presagi. Da una parte la loro bellezza, i grandi occhi sognanti e teneri; dall’altra gli sfondi composti da grovigli di fiori e colori. Quadro nel quadro non sono semplici parti accessorie o fondali inanimati. Respirano e vibrano nella stessa aura di incantamento e di attesa delle figure.
Sembra anzi che queste, pur nella loro impotenza e grandiosità, si allontanino dall’osservatore, vengano risucchiate e quasi chiamate verso quei fondali. Non parlerei di «metafisica» quanto di «postfisica»; corpi, volti, occhi, bocche che, trascorso il tempo dell’apparire, del «già stato» si muovono verso lidi ignoti; materia che trascolora, forme che si dileguano, si trasformano. Ed allora senti l’ansia e il tormento della pittrice: abbracciarle, afferrarle prima del loro ultimo distacco, del definitivo silenzio». Aristide Tanzi. Università di Siena.

«Con la sua pittura Massimiliana Bettiol ci introduce nel mondo di una esperienza vissuta intensamente che non rimane «fatto personale», ma comunica la sua personalità. Vi è nell’opera di M. Bettiol una ricerca appassionata, ben evidenziata dalla vivacità cromatica, e che appare soprattutto attraverso l’intensità emotiva delle sue figure, particolarmente quelle femminili. Infatti è l’emozione della vita che coinvolge nelle sue figure i cui sguardi ci invitano a ripensare la nostra interiorità dove dolcezza e tristezza determinano la nostra esistenza. E la natura? «Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne o penetrarvi più a fondo. Senza pregare e senza avvertire, ci rapisce quel vortice della sua danza e si lascia andare con noi, finché siamo stanchi e le cadiamo dalle braccia» (J.W. Goethe). M. Bettiol con coerenza sottolinea proprio il rapporto che esiste fra la fondamentalità della natura e l’interiorità umana, ma questo rapporto non è contraddittorio, ma ci indica che esso, al di là degli umani sospiri, è eterna vita. Infatti solo all’umanità è dato di tentare di conoscere se stessa, e per questo M. Bettiol pone in primo piano la figura umana, ma dietro la natura ci dà la possibilità di bere qualche sorso dalla coppa della felicità e della serenità, ricompensa alla vita troppo spesso difficile. Il valore dell’opera di questa pittrice è quello di non intellettualizzare la persona e la natura, ma quello di invitare a lasciarsi andare a mostrare la propria sensibilità ed emotività». Italo Francesco Baldo

«L’irruenza con cui Massimiliana Bettiol rovescia sulla tela il suo mondo interiore è il segno di una forte personalità. Istinto e cultura si intrecciano, in una straordinaria simbiosi tra pulsioni oscure dell’inconscio e interpretazioni del primitivo. Nei quadri meno recenti (di quattro-cinque anni orsono) spicca la figura femminile, impostata secondo le modalità tipicamente espressionistiche del Blaue Reiter. Ma più che il duro versante goticheggiante attrae la pittrice il nordicismo panico ed eccitato di un Nolde o di un Javienskij. E’ lo scontro tra l’incubo della notte e l’abbaglio spettrale della luce. Si aggiunge un gusto favoloso del primitivo, che richiama Gauguin e Chagall. Già il succo orgiastico-dionisiaco è evidente.
Nelle opere recenti prevale ancor più la proiezione dell’inconscio. In foreste illuminate da bagliori notturni si divincolano figure umane (specie bambini) o animali; ma il viluppo con la natura lussureggiante è così stretto che non c’è soluzione di continuità: prevale una sorta di medioevale horr vacui. E qui si intravvede una ricerca disperata di qualcosa che sfugge: un Eden irraggiungibile, una bellezza primigenia che è utopia. I colori fosforescenti accentuano questa impressione, la esaltano fino a darci barbagli di un mondo stregato, dove la natura si carica di un animismo esasperato. Il simbolo è dovunque in agguato; e c’è quasi un segreto piacere nell’identificarsi in esso, nello scoprirlo, nello svelarlo. La continua mobilità formale riflette un’inquietudine di fondo: anzi un turbamento esistenziale.
Chiaro che tutto ciò ha dei riferimenti con la storia e, insieme, con l’attualità. La ricerca di un primitivismo interiore risale indietro nei secoli: si carica magari degli incubi di un Bosch o di un Fussli. Le modalità luministiche (notturni stregoneschi) hanno anch’esse le loro ascendenze in Grünewald e in Tintoretto, per non parlare di Magnasco. In termini più recenti il riferimento va soprattutto, come s’è detto, agli Espressionisti. Ma ciò che interessa è il discorso d’oggi. Qui Massimiliana Bettiol mostra straordinari punti di contatto con i cosidetti Neue Wilden (i nuovi selvaggi) tedeschi, nonché con alcuni italiani della Transavanguardia, come Cucchi. Il senso del magico e del misterico aleggia come un‘immanenza che brucia e sconvolge i parametri della nostra civiltà tecnologica. E’ un riaffiorare di vitalismo ancestrale. Si tratta di una pittura dell’inconscio che oggi ha paralleli significativi con la letteratura e la filosofia (Massimiliana Bettiol è laureata appunto in Filosofia) e che rappresenta un momento cruciale nell’identificazione esistenziale dell’uomo. Questi quadri così istintivi e spettrali, dalle luminiscenze verdi e bluastre e dall’incredibile rigoglio vegetale-organico, rappresentano la focalizzazione di una condizione che ci fa riflettere e, nel contempo, ci affascina». Paolo Rizzi

«Fa una certa sensazione vedere oggi riproposti nella pittura di Massimiliana Bettiol motivi che appartennero al travolgente momento dell’espressionismo tedesco, quale, agli inizi del secolo, si andava configurando nei quadri di Nolde, della Brucke e del Blaue Reiter. Ma le affinità elettive sono evidentemente irresistibili, e Massimiliana Bettiol non ha certamente obbedito ad una tentazione superficiale, ma al fascino intramontabile di quel mondo, ancora pervaso dagli echi dello Sturm und Drang, che comunque rappresentava la più decisa evasione della cultura europea verso i lidi incandescenti della spontaneità primitiva.
Non un’imitazione dunque, ma una reincarnazione dettata quasi da necessità biologiche. Massimiliana Bettiol non ha potuto restare insensibile a quel lontano urlo della foresta che le risuonava vicino anche se ovviamente addomesticato dal passaggio di tanta storia e disinnescato della sua sfida provocatoria.
Può sembrare strano che in una città come Padova, così moderata e borghese, ed in un ambiente permeato di affermazioni accademiche, e per giunta in una persona dedita ad un’attività speculativa che la vede impegnata nella ricerca filosofica, possano realizzarsi simili componenti, scaturite un giorno dal disperato disordine, dal naufragio e dalla ribellione di una certa società tedesca. Furono anni ruggenti che si consumarono impetuosi a ridosso della prima guerra mondiale, quando nelle famose «secessioni» accanto alla violenza dispotica dell’istinto si sperimentava il linguaggio quasi esoterico dei colori e, con Franz Marc, l’imponenza del mondo animale, mentre Kandinski si accingeva a riversare tutto nel grande alveo dell’astrattismo, nascevano anche le note acri e dolenti con cui una esigua schiera di intellettuali avrebbe osato ironizzare sul nascente movimento nazista.
E Massimiliana Bettiol? Nessuno potrebbe naturalmente risuscitare questi fantasmi. Ma la vecchia ascia di guerra ha un grande fascino e vale la pena di dissotterrarla per farla rilucere ancora nel nostro mondo opaco. Quel coraggio e quell’esibizione, quel costume così variopinto, quel grido di guerra così entusiasmante, può andar bene a sfogare l’ansia montante dei nostri sensi, a confortare la nostra solitudine. E’ un antidoto prima ancora di essere una rievocazione, un rito prima ancora di diventare un’immagine.
Il tam tam degli ultimi tamburi sta spegnendosi nelle foreste africane, e nemmeno Nolde sarebbe più in grado di cogliere l’ultimo allucinato messaggio del mondo delle belve. Ma non è questo ciò di cui Massimiliana Bettiol cerca di appropriarsi. Le basta il bagno inebriante in questo mito, il bagno caldo in questa pienezza. Il bisogno dell’estate, il bisogno dell’appagamento, la sovrana musica della natura, sono sempre pronti a risorgere nella nostra interiorità.
Massimiliana Bettiol ha le doti non solo di avvertire, ma anche per assecondare un simile richiamo. Sa distinguere in questo contesto forme e suoni affini. Sa costruire la sua serra in cui suggerimenti tanto lontani si concretizzano nell’entusiasmo della fantasia. Ed in questa foresta così insolita, così esclusiva, cerca di fare filtrare il proprio equilibrio, la propria conoscenza, per avere una risposta al mistero che incombe sopra di noi col suo frastuono e ci lascia così poco spazio per distinguere, per decidere». Camillo Semenzato

Massimiliana Bettiol con profusione di colori vividi ritrae donne, bambini, fiori, uccelli come protagonisti di una festosa espansione vitale e di sana sensualità, dentro il flusso di un caldo palpito atmosferico, con un entusiasmo che ha un sapore francescano da “Cantico delle creature”…».Piero Franceschetti

La forza espressiva della pittrice Massimiliana Bettiol sta in questo: suggerire problematiche sacre e spirituali, non a se stanti, ma “esistenziali” e cioé che toccano da vicino, e dentro, l’animo del visitatore. Del che non possiamo che congratularci, augurarle vivo successo e ringraziarla della presente ricca e sostanziosa mostra»  Fernando Pilli

«La pittura di Massimiliana Bettiol nasce e prorompe direttamente dalle viscere del suo cuore, che modula gli accessi e le pulsazioni a seconda dell’irrompere dei sentimenti, sempre amplificati dalla natura irruenta e sensibile della pittrice.
Era, dunque, inevitabile che la sua pittura approdasse all’espressionismo, ossia a quella ricerca costante dell’espressione dei sentimenti interiori, degli angoli bui del cuore, attraverso l’uso disinibito del colore per definire la forma.
Scrive di lei la saggista Francesca Diano: “È attraverso il colore che sono stati risolti i problemi della profondità e della tridimensionalità. La pittura continua a ribollire nonostante la cornice tenti di arginare la forza”.
Tuttavia, come scrive Giorgio Segato. “Solidità compositiva e forza cromatica si contemperano a vicenda anche nell’esplosione più violenta dei dosaggi marcati e densi di forza materia”. “E dove il segno si stempera, continua il critico, nella materia nascono godibili ed eccitanti sinfonie cromatiche, che talora esplodono ed avvampano in ardite soluzioni di contrappunto”.
In un’unica sinfonia di colore e luce emergono dalla tela sia le figure umane e animali, sia gli elementi della natura; vi è anzi quasi una comunione cosmica tra i due mondi.
Scrive a questo proposito Paolo Rizzi: “In foreste illuminate da bagliori notturni si divincolano figure umane o animali, ma il viluppo con la natura lussureggiante è così stretto che non c’è soluzione di continuità, prevale una sorta di ‘horror vacui’ medievale”.
Anche nella pittura religiosa affiora la natura, quasi con ugual dignità rispetto all’elemento umano; nelle opere a carattere sacro, anzi, l’amore per il creato viene inteso in senso francescano.
Quando, infatti, il colore si stempera in una maggior compostezza classica nella descrizione pittorica della Madonna, sullo sfondo viene sempre ripreso il motivo del mare, delle rocce, in una fusione, pur nella prevalenza dell’elemento sacro, non solo semantica, sibbene prevalentemente ideologica.
Nel dipinto dell’Angelo con le spighe “l’improvviso bagliore giallo delle spighe, simbolo prettamente cristiano, diviene una realtà quasi umana nell’abbraccio con l’Angelo, ed il movimento circolare della composizione ne dà una visione spirituale, cristologia, nella centralità compositiva.
La luce nasce dall’oggetto  stesso in una fosforescenza di ogni essenza.
La pittura della Bettiol è stata riportata da critici quali “Camillo Semenzato” al travolgente momento dell’espressionismo tedesco che si andava agli inizi del secolo configurando nei quadri di Nolde della Brucke e del Blaue Reiter.
Come sottolinea, infatti, Semenzato: “Massimiliana Bettiol non ha obbedito ad una tentazione superficiale ma al fascino intramontabile di quel mondo ancora pervaso dagli echi della Sturm und Drang, che comunque rappresentava la più decisa evasione della cultura europea verso i lidi incandescenti della spontaneità primitiva”.
Nei dipinti “L’incoronazione di spine” e “Gesù nell’orto degli ulivi” vi è tutta la sintesi teleologica della tematica pittorica dell’autrice: l’urlo di smarrimento e di dolore evidenziato dall’azzurro intenso e dilatato degli occhi di Gesù, che fa da contrappunto alla massa rossa del manto, il tessuto drammatico dell’intreccio degli alberi nel Gesù nell’Orto degli Ulivi, reso ancor più intenso dal gioco di coaguli di colore, gridano l’anima stessa della pittrice, che vive, nella sua intensa spiritualità, senza nascondimenti, in prima persona il dramma rappresentato.
Una pittura, quindi, come sottolinea Mariano Missaglia estemporanea, realizzata da una carica espressionista esuberante, il cui valore intrinseco è da ricercarsi, come nota Italo Francesco Baldo, non nell’intellettualizzazione delle persone, della natura, quanto in quel lasciarsi andare a mostrare la propria sensibilità ed emotività». Raffaella Bettiol

Nelle opere della pittrice padovana si percepisce un’esigenza spirituale dilagante, che vuole sfociare, esprimersi. L’elemento naturale (l’acqua, la roccia, il cielo, il vento, i fiori e le piante) assume una valenza fondamentale: l’esigenza perenne di “rigenerazione” e di purezza, che è gioia, non disgiunta da sacrificio e sofferenza. I colori colpiscono, inquietano, traducono sensazioni forti, interiori, che hanno una loro identità nella ricerca spirituale, nella necessità del rinnovamento. Ecco che Uomo e Natura, divino e naturale s’intersecano in un’unica melodia: il canto della Natura, che è grido disperato dell’uomo angosciato dal dolore e avvinto dal peccato, ma è musica nell’accendersi della speranza, nella certezza della salvezza del messaggio cristiano.
Il colore assolutamente simbolico immerge l’uomo nella sua angoscia, il dolore del mondo ritorna nei toni scuri ed in quietanti (Cristo nell’Orto degli Ulivi), ma lo esalta nei turbini di luce (L’Angelo con  le spighe). Viola e verde si succedono in un’altalena di sacrificio, dolore, peccato, morte e speranza, vita, rigenerazione (Il Cristo degli Abissi). Le pitture di Massimiliana Bettiol vibrano di continuo movimento, perché l’attimo viene colto nel suo essere simbolico, ma non è trattenuto, prosegue nel suo eterno succedersi. Ecco che i soggetti, le cose, le figure vivono di luce propria, vogliono esprimere la propria essenza in continua rinascita. Una pittura che nel movimento vede la rigenerazione continua, una sempre rinnovata spiritualità, e nell’accendersi dei colori un’esigenza cosmica di unire tutto ad un fine superiore Sara Melchiori

«Se c’è un’artista che si caratterizza per l’arte sacra questa è senz’altro Massimiliana Bettiol, pittrice padovana ma molto conosciuta in tutt’Italia, dove ha esposto “le sue creature” sia in personali che in collettive. Un interesse vivo che sottolinea la sua continua ricerca dal punto di vista religioso e filosofico, prima ancora che artistico.
Non è certo un caso se l’artista Bettiol sia legata al movimento per l’arte positiva fondato recentemente dal famoso scultore Gianni Visentin.
E’ in quest’ultimo che ci fa piacere segnalare la donazione da parte dell’artista Massimiliana Bettiol di una grande pala raffigurante «Sant’Anna e Maria» a favore della chiesa del Beato Pellegrino, nell’omonima via di Padova.
La tela, posta nella nicchia dove un tempo si trovava il dipinto trafugato, è veramente splendida e vivace nei colori. Essa raffigura la Vergine bambina a fianco della madre nell’atto della preghiera, un dono che oltretutto ha il pregio di sollecitare l’attenzione su questa chiesa ridipinta di recente e che merita una ristrutturazione completa del suo patrimonio artistico ma anche per la sua storia. La chiesa, inserita all’interno della struttura dell’ospedale geriatrico, conta oltre duecento anni di storia. Dopo la forzata chiusura napoleonica venne riaperta al culto dalla beata Elisabetta Vendramini, che si impegnò ad intitolarla al Beato Pellegrino, se fosse riuscita a rimetterla a disposizione dei fedeli. Più volte la chiesa è stata oggetto di saccheggio delle opere più pregiate, compresa la pala di Sant’Anna e alcuni candelieri.
Oggi avrebbe bisogno di ulteriori interventi. Per questo è nato in concomitanza con l’inaugurazione della tela donata dalla Bettiol, un comitato che si prefiggeva appunto la sistemazione completa dell’edificio sacro.
Esso, assieme all’Associazione Veneto per l’anziano, si sta adoperando affinché la chiesa non sia soltanto luogo di preghiera per chi soffre (è frequentata prevalentemente da anziani o da ospiti dell’ospedale e loro familiari), ma diventi sempre più luogo d’incontro con la città». Tullio Campana

Massimiliana Bettiol è sinonimo (per lo meno in pittura) di vitalità, di forza, di energia prorompente.
C’è innanzitutto il colore, sempre a tonalità forti e decise, che costruisce un insieme croccante, quasi un urto di sensibilità del fruitore. Un colore che non media le sensazioni, ma le carica invece di un’emotività travolgente, che non ammette resistenze dilagando sicura della propria pienezza e tonalità.
E poi c’è il movimento: niente è fermo, niente è statico nelle opere di Massimiliana Bettiol: cielo e terra sono coinvolti in un unico turbine, uno sconvolgimento totale al di fuori di ogni equilibrio possibile. Ma quel turbine non ha niente di distruttivo: anzi, sembra di assistere al momento della creazione, al formarsi ed al fiorire della vita, all’esaltazione della bellezza del concreto nel momento più alto di generoso rigoglio. Anche se il cielo si tinge a volte di tinte fosche, si sente che pur nella minaccia quella forza è vitale: quelle tinte addirittura sembrano aggiungere vigore a vigore.
E’ una natura stupenda, quella di Massimiliana Bettiol. Una Natura che si impone per la sua grandiosità: è grandiosa la spiga, è grandioso il fiore, è grandiosa la foglia. E l’insieme è grandioso perché formato appunto distante, innumerevoli, piccole cose grandiose. E in queste piccole cose si respira l’insondabile, anche grazie ai larghi gesti costruiti nell’onda senza confini del movimento.
Lo stesso impeto è presente nella serie dei cavalli.
Un discorso diverso deve essere fatto per l’arte sacra. Qui la pittura si fa più pacata, più meditativa. La pittrice sembra essere quasi intimidita dalla sacralità dei personaggi e allora frena il suo impulso creativo e si con centra sul significato allegorico che sempre nell’arte sacra le figure portano con sé. Le tonalità sono meno sgargianti e i timbri sommessi contribuiscono a dare significato mistico all’insieme. Anche in queste opere però si indovina il carattere forte dell’autrice: le fisionomie sono perfettamente definite, i contrasti cromatici sempre netti. E queste caratteristiche finiscono per favorire la lettura dell’opera. Umberto Marinello

Massimiliana Bettiol, pittrice che spiritualizza la materia
.. ‘Una pittura che nel movimento vede la rigenerazione continua, una sempre rinnovata spiritualità e nell’accendersi dei colori un’esigenza cosmica di unire tutto ad un fine superiore’».
«Un senso di seduzione sottile, avvincente provocatorio, emana dai quadri di Massimiliana Bettiol. E non si coglie lì per lì, il motivo esatto che ci affascina (la provocazione…). Il che ci fa riflettere. Sono forse i colori corposi e irrompenti come in un’esplosione di luci? E forse la sensualità latente e calda delle figure femminili in solitudine inquieta? Sono, forse, il mistero, la simbologia, l’istinto primitivo, il senso incombente espressi fra fiori gialli, verdi intensi, passaggi bluastri, animali morti e vivi?
Certamente è l’insieme di questi elementi sconcertanti a creare la seduzione. La Bettiol traduce un mondo interiore dalle problematiche intense e lo fa con sicurezza, con scioltezza, con forte vitalità, con il linguaggio che ci riporta ai maggiori espressionisti. E questa è un’altra componente che rende valida la pittura di Massimiliana Bettiol».
«L’opera di Massimiliana Bettiol, prevalentemente concentrata sulla figura umana e in particolare femminile, è caratterizzata da un colorismo sgargiante e da una pennellata vigorosa che conferiscono ai suoi quadri una comunicatività immediata, ricca di umori».